"Ridare dignità al respiro, misurarsi con la voce. Riscoprire il corpo come medium, come strumento. Il suono ancor prima del senso, il rumore della lingua. La materia sonora della parola che va oltre la pagina creando unità di senso e di suono. Un significato intrinseco, interno, viscerale". (Fabio Orecchini, [A]live Poetry - III Duale from alive poetry on Vimeo.)

13 marzo 2009

[A]live Poetry on DUALE. Video intervista a cura di Fabio Orecchini



Il "dietro le quinte" dello Spettacolo vocale BONZAI (Salone Borromini della Biblioteca Vallicelliana, Roma, 2008).

Resi, Film fuorisincrono (2007)



Film fuorisincrono sulla pratica vocale e performativa dell'Ensemble DUALE
(di Silvia Tarquini)

11 marzo 2009

"Quella di DUALE è molto più una dimensione di concerto che non quella di una dizione intellegibile. DUALE non lavora sul senso ma sulla sensorialità. Il senso diventa una mera citazione, una componente allusiva e la parola diventa così esperienza musicale piena".
Tommaso Ottonieri, Note a BONZAI. (Roma, Biblioteca Vallicelliana, 2008).


Ridare dignità al respiro, misurarsi con la voce. Riscoprire il corpo come medium, come strumento. Il suono ancor prima del senso, il rumore della lingua. La materia sonora della parola che va oltre la pagina creando unità di senso e di suono. Un significato intrinseco, interno, viscerale. Sono questi i motivi principali di questa unione performativa, i punti di partenza del lavoro dell’ensemble Duale, composto da Sara Davidovics e Lorenzo Durante, che presentiamo in questo nostro terzo incontro di [A]live Poetry – poesia dal vivo. L’occasione ci è data dalle prove del loro ultimo lavoro, Bonzai (in scena il 4 Marzo), preparato per la Biblioteca Vallicelliana di Roma, opera architettonica barocca realizzata dal Borromini nel XVII sec., struttura imponente che oggi contiene 130.000 opere fra manoscritti ed antiche incisioni; anzi, per dirla con Durante, sembra proprio che sia stata la stessa biblioteca, come luogo pensante, ad immaginare lo spettacolo Bonzai. Un lavoro di forte ispirazione ed aspirazione futurista (ricordiamo che era stato inizialmente realizzato proprio per la celebrazione del centenario della nascita del Futurismo del 2008) ma che celebra in realtà il barocco, inteso nella sua dimensione di prima vera grande avanguardia. Un lavoro di grande impatto sonoro e allo stesso tempo un laboratorio permanente di scritture, un artificio denso di grande ironia e cultura, da quella più “alta” del passato come la poesia carducciana alla cultura pop più moderna come può essere Splendido Splendente di un’icona come Donatella Rettore, un’opera multitestuale e multimediale che prevede una osmosi continua di forme e contenuti molto diversi tra di loro. Si parte dai testi, testi propri (ma anche di Federico Scaramuccia che collabora con loro) e da testi altrui, che vengono poi smembrati, violati e rimodellati volta per volta dai componenti l’ensemble fino a decretarne la perdita del significato originale ed originario; una riscrittura di riscritture continua che rende del tutto superflua la proprietà intellettuale ed artistica del testo , acquisendo una forma propria e mutevole nella pratica stessa del lavoro, che via via riduce il senso al suono, al rumore puro e crudo della lingua. Il tutto interconnesso con le segnature sonore della chitarra di Emiliano Maiorani che spezza questo (de)fluire (dis)articolato di versi e sestine definendone i contorni altrimenti impalpabili; gesto che assume anche un forte valore simbolico, poiché i suoni prodotti dallo strumento-media musicale, in questo caso la corda di una chitarra e la cassa armonica che ne amplifica le vibrazioni, vanno a porsi esattamente sullo stesso piano del media corporeo, le corde vocali, la bocca, il diaframma.
Fabio Orecchini per [A]live Poetry on vimeo.


Non un «mixed-medium», ma un «intermedium» (Higgins). «Sistema di sistemi» (Calvino) - verbale, visivo e sonoro -integrati «in un unicum che non consente letture differenziate, pur salvaguardando l’autonomia e la singolarità dei segni». Non una multimedialità intersconnessa dunque, ma una «sincronica vibrazione degli elementi», con «continua riformulazione» (Fontana) delle sintassi in gioco. “Opera plurale” insomma, ossia prog[g]etto intermediale, oltre che pluriautoriale e polifonico. Dopo l’audio-installazione Varianti (2006) e il “recital per voci sole” Resi (2007), è il turno dello “spettacolo vocale” e [p]articolato Bonzai (2008). Non a caso siglato con parola-valigia e maccheronea giapponese, giacché, appunto, [co-n]fusione di media, autori e voci differenti. Il risultato è un fu[tu]rismo [intra]verbale che dissecca la parola, fino a spezzarla in brani di rumore incisivi. Modulazioni della voce accordate in una progressione di “segnature sonore”.
In DiViDì, di Federico Scaramuccia. Note a BONZAI, Atelier Metateatro, Roma, 2008).


Una [s]partitura per voci (di Davidovics e Durante) in dissonante unisonanza, l’«esecuzione [o messa in canto] polifonica in voce sola» di Varianti, «ri-stesura [/testura] in forma puramente orale» (fatta a brani) di Corrente, anamorfico, [de]costruttivo ri-montaggio vocale della pagina (già programmaticamente predisposta ad essere ri-modellata in sequenze potenzialmente infinite) - o «de-struttura per dicitura» - incessantemente concussa in variazione e fuga (ripetizione e combinazione), «orientato al recupero di una consapevole modalità di ascolto» (Davidovics). Voci che (dal silenzio) incedono in controtempo (in anticipo o in ritardo, talvolta ri-battute ad eco) o in contrappunto, articolandosi in segmenti verbali che i nastri di rumorismo incisi da Maiorani isolano, modulazioni del disturbo, complementi musicali dell’intraverbalità, del «rumore delle parole» (Davidovics). Il tutto all’intermittente insegna dell’impersonalità, della multiproprietà del testo ([ri]co-mposto, per appropriazioni indebite o re[ady]-made), di una sonora [con]fusione. (ResiDuale, FS) BONZAI è il secondo spettacolo vocale messo in scena da DUALE, dopo RESI, andato in scena per la prima volta il 3 Novembre 2006. BONZAI, concepito esplicitamente per sfruttare lo spazio scenico e acustico della Biblioteca Vallicelliana, è la naturale evoluzione di RESI. Laddove RESI era il primo lavoro del duo, tutto giocato sulla messa in scena dialogica di testi sostanzialmente intonsi (quantunque talvolta elaborati polifonicamente), BONZAI assume alcune modalità di letture tipicamente futuriste, puntando alla disgregazione dei testi originali in cellule vocali minime. Rimane in comune nei due lavori il rapporto con la "colonna sonora": mai voce ed audio si "accompagnano" ma piuttosto "dialogano" alternandosi in scena. Parimenti al lavoro sui testi letterari, analoga frammentazione è stata operata su quelle che sono divenute, da "isole", scarne "segnature sonore" ispirate agli intonarumori futuristi di Russolo. In DiViDì Non un «mixed-medium», ma un «intermedium» (Higgins). «Sistema di sistemi» (Calvino) - verbale, visivo e sonoro - integrati «in un unicum che non consente letture differenziate, pur salvaguardando l’autonomia e la singolarità dei segni». Non una multimedialità intersconnessa dunque, ma una «sincronica vibrazione degli elementi», con «continua riformulazione» (Fontana) delle sintassi in gioco. “Opera plurale” insomma, ossia prog[g]etto intermediale, oltre che pluriautoriale e polifonico. Dopo l’audio-installazione Varianti (2006) e il “recital per voci sole” Resi (2007), è il turno dello “spettacolo vocale” e [p]articolato Bonzai (2008). Non a caso siglato con parola-valigia e maccheronea giapponese, giacché, appunto, [co-n]fusione di media, autori e voci differenti. Il risultato è un fu[tu]rismo [intra]verbale che dissecca la parola, fino a spezzarla in brani di rumore incisivi. Modulazioni della voce accordate in una progressione di “segnature sonore”.
(Residuale, Federico Scaramuccia, in "Progettare l'opera plurale" FB, Roma, 2006).

10 marzo 2009







Davidovics, Durante e Maiorani al Lavatoio Contumaciale, febbraio, 2009
(Foto di Vincenza Salvatore, info 340.5615318)




DUALE, Almost White (Casa delle Letterature, Roma, 2005)



DUALE, Festival Romapoesia (Fondazione Baruchello, Roma, 2006)




RESI, still da video (Silvia Tarquini, 2007)







NERO (CineTeatro, Roma, 2009)

7 marzo 2009

Il Laboratorio Ensemble DUALE nasce con l’intento di sperimentare nuove forme di riscrittura e "messa in scena” vocale di testi letterari mediante il cut up, il montaggio e la (ri)scrittura vocale. Ne sono fondatori ed esecutori Sara Davidovics e Lorenzo Durante.DUALE ha esordito, anonimamente, con una lettura ad “Almost white”, reading collettivo presso la Casa delle letterature di Roma, il 09 Settembre 2006, con una lettura di testi di Davidovics e Durante. In occasione di “Romapoesia - Festival della Parola” (Roma, 2006) DUALE realizza l’audio-installazione VARIANTI per la Fondazione Baruchello di Roma, presso cui tiene anche una esecuzione vocale il 29 Ottobre 2006. RESI, il primo spettacolo vocale di DUALE, esordisce alla libreria-bistrot AGAVE, a Roma, il 03 Novembre 2006. Lo spettacolo, con interventi audio di Emiliano Maiorani e interventi video di Silvia Tarquini, dura circa quaranta minuti. La prima è introdotta da Massimiliano Manganelli. RESI viene replicato presso l’Ambasciata di Marte, a Firenze, il 14 Aprile 07, con presentazione di Alessandro Raveggi e Tommaso Lisa. In occasione del Salone del Libro del 2007, DUALE viene invitato dall’Editrice Zona a presentare alcuni estratti di RESI presso una serata al centro SPAZZI, il 13 Maggio 2007, a Torino. In occasione della presentazione di nuove pubblicazioni, altri estratti di BONZAI vengono eseguiti presso la casa editrice e libreria EMPIRIA, a Roma, il 14 giugno 2007 e presso la libreria La Cité, a Firenze, il 24 ottobre 2007. Nel corso del 2007, grazie all’interessamento del critico e docente di letteratura contemporanea Francesco Muzzioli e della direttrice della Biblioteca Vallicelliana Concetta Petrollo, DUALE viene invitato a realizzare uno spettacolo vocale per il Salone Borromini della Biblioteca Vallicelliana in Roma. Lo spettacolo, che si chiamerà BONZAI, diventerà una sorta di omaggio al barocco quale prima avanguardia e al futurismo alla vigilia del suo centenario. DUALE viene invitato a presentare “Pratiche di messa in scena per voce sola” al convegno Intermedialità tenutosi all’Universita La Sapienza, a Roma, l’ 11 Febbraio 2008, nel corso del quale alcuni brani di BONZAI vengono eseguiti in anteprima. Lo spettacolo completo viene eseguito e registrato dal vivo al Salone Borromini il 4 Marzo 2008, accompagnato da interventi critici di Francesco Muzzioli e di Tommaso Ottonieri. Lo spettacolo vede la presenza in scena di Emiliano Maiorani alla chitarra preparata. BONZAI viene replicato presso il METATEATRO di Trastevere, a Roma, il 19 Aprile 2008. Lo spettacolo viene preceduto dalla proiezione di alcuni estratti di RESI, un mediometraggio “fuori sincrono” di Silvia Tarquini sull’omonimo spettacolo vocale e da una lettura sperimentale in trio di “Incanto” di Federico Scaramuccia. DUALE sta realizzando il suo terzo spettacolo NERO, Riscrittura vocale del Futurismo italiano di cui alcune parti sono state eseguite presso la casa editrice e libreria EMPIRIA (giugno 2008) e con cui ha partecipato a “Mediterranea - Festival intercontinentale della letteratura e delle arti” (Roma, luglio 2008).

25 gennaio 2009

VARIANTI
Recital vocale e installazione sonora


Testi di Sara Davidovics
messa in scena ed esecuzione di Sara Davidovics e Lorenzo Durante
Isole sonore di Emiliano Maiorani

- Fondazione Baruchello, Festival Romapoesia (Roma, 2006)








RESI
Recital per voce sole

Testi, messa in scena ed esecuzione
di Sara Davidovics e Lorenzo Durante
Videoproiezioni di Silvia Tarquini
Isole sonore di Emiliano Maiorani


- Libreria Agave (Roma, 2007)
- Ambasciata di Marte (Firenze, 2007)

Il video che accompagna la lettura si pone come elemento scaturito dalla performance stessa. Come raccolta degli impulsi del corpo e dei riflessi nel corpo della tensione poetica e dell'azione vocale; e a tratti come eco delle parole. Cinque "pezzi" della stessa durata dei pezzi poetici, intervallati da piccole azioni sul nodo del DUALE. (Silvia Tarquini).











BONZAI.
Spettacolo vocale

Testi, montaggio, messa in scena ed esecuzione
di Sara Davidovics e Lorenzo Durante
Segnature sonore
di Emiliano Maiorani


- Biblioteca Vallicelliana (Roma, 2008)
- Atelier Metateatro (Roma, 2008)




BONZAI è il secondo spettacolo vocale messo in scena da DUALE, dopo RESI andato in scena per la prima volta il 3 Novembre 2006. Laddove RESI era il primo lavoro del duo, tutto giocato sulla messa in scena dialogica di testi sostanzialmente intonsi (quantunque talvolta elaborati polifonicamente), BONZAI assume alcune modalità di letture tipicamente futuriste, puntando alla disgregazione dei testi originali in cellule vocali mimime. Rimane in comune nei due lavori il rapporto con la "colonna sonora": mai voce ed audio si "accompagnano" ma piuttosto "dialogano" alternandosi in scena. Parimenti al lavoro sui testi letterari, analoga frammentazione è stata operata su quelle che sono divenute, da "isole", scarne "segnature sonore" ispirate agli intonarumori futuristi di Russolo.









NERO, riscrittura vocale del Futurismo italiano
in 60 cellule sonore


Spettacolo vocale su testi futuristi

Montaggio, messa in scena ed esecuzione
di Sara Davidovics e Lorenzo Durante
Esecuzione rumorista dal vivo su chitarra preparata
di Emiliano Maiorani




NERO. Riscrittura vocale del Futurismo italiano, "work in progress"
- Libreria Empiria (Roma, 2008)
- Isola del Cinema, Festival Mediterranea (Roma, 2008)
- Sala di Santa Rita (Roma, 2008)
- Biblioteca Angelica (Roma, 2009)


NERO. Riscrittura vocale del Futurismo italiano in 60 cellule sonore
- Cineteatro (Roma, 2009)

NERetto. Emispettacolo vocale in 30 cellule sonore
- Lavatoio Contumaciale (Roma, 2009)



Note di regia
NERO, riscrittura vocale del Futurismo italiano in 60 cellule sonore si prefigge di ripercorrere, a tappe forzate, in sessanta cellule di un minuto ognuna, l’intera parabola del futurismo italiano dalla pubblicazione del manifesto a Parigi alla fine della Repubblica di Salò. Intende essere, a suo modo, un omaggio: senza nasconderne la profonda ed inestricabile compenetrazione con l’estetica e l’ideologia del movimento fascista, restituendone una rilettura non celebrativa, non encomiastica ma completa anche nelle sue parti più indicibili e quindi rimosse dalla cultura italiana contemporanea. NERO è uno spettacolo vocale che in prima istanza vede la lavorazione (mediante appropriazione, scomposizione e successivo ri-montaggio) dei testi della letteratura futurista ma non solo; una riscrittura/rilettura che intende anzitutto rendere al Futurismo ciò che esso ha inventato (e generosamente passato a tutte le altre avanguardie del ventesimo secolo): e cioè lo happening vocale, la restituzione alla voce della sua materia corporale violenta e primigenia. NERO è il primo spettacolo del laboratorio/ensemble DUALE a venire eseguito per tappe perché pensato come work in progress in vista del Centenario del manifesto di fondazione quale obiettivo di completamento della sua messa in scena in modo da esordire con la prima il 20/02/09. Restando all’interno della sola resa vocale, NERO ha l’intento di recuperare e “mettere in scena” tutti gli aspetti dell’estetica e della retorica futurista. Lo spettacolo è strutturato secondo un principio modulare di sessanta cellule sonore scandite da un contasecondi presente in scena.
Le versioni work in progress sono state eseguite presso la casa editrice e libreria EMPIRIA (Roma, giugno 2008), a “Mediterranea - Festival intercontinentale della letteratura e delle arti” (Roma, luglio 2008), per un’audizione privata (Roma, settembre 2008) ed una pubblica presso la Sala Santa Rita (Roma, dicembre, 2008) e al Convegno internazionale di studi “…Una bellezza nuova…” organizzato per i festeggiamenti del Centenario del Manifesto Futurista (Biblioteca Angelica, Roma, 2009).
Il libretto si basa principalmente su testi di Marinetti e di altri futuristi “ufficiali” ma anche di autori che in momenti diversi hanno incrociato le loro scritture (e letture) con il Futurismo da posizioni estetiche e poetiche più o meno distanti e critiche, quali D’Annunzio, Pound e Joyce. Fedelmente all’estetica stessa del Futurismo, i testi non sono presentati nella loro interezza, ma “smontati”, “smembrati”, “centonati” o addirittura riscritti da autori terzi. Attraverso il montaggio la cronologia del Futurismo viene percorsa inversamente, i materiali riguardanti i manifesti si trovano a metà del libretto idealmente inteso come pivot della parabola futurista.
Il libretto è un adattamento dei testi per esecuzione vocale che attinge in larga parte al repertorio dell’onomatopea, dell’onomalingua e del paroliberismo futurista, la risultante è un continuum sonoro che dispone tre elementi dialoganti di cui due vocali ed uno strumentale (rispettivamente assegnati a Davidovics/Durante e a Maiorani).
Il libretto vede presenti i seguenti autori e riscrittori: Giacomo Balla, Carlo Belloli, Paolo Buzzi, Francesco Cangiullo, Benedetta Cappa, Carlo Carrà, Valemir Chlebnikov, Gabriele D’annunzio, Sara Davidovics, Mina Della Pergola, Fortunato Depero, Lorenzo Durante, Luciano Folgore, Marcello Frixione, Maria Goretti, Corrado Govoni, Maria Ferrero Gussago, James Joyce, Giacomo Leopardi, Magamal, Filippo Tommaso Marinetti, Emma Marpillero, Padmasambhava, Aldo Palazzeschi, Giovanni Pascoli, Enrica Piubellini, Baden Powell, Ezra Pound, Enif Robert, Saffo, Valentine de Saint-Point, Ardengo Soffici, Ska, Irma Valeria, Emilio Villa.

NERO è inserito nella Manifestazione FUTUROMA
per i festeggiamenti del Centenario del Manifesto futurista.

24 gennaio 2009

DUALE Lab




DUALE. Pratiche di messa in scena per voce sola

L’ensemble DUALE nasce dal sodalizio tra Sara Davidovics e Lorenzo Durante (d’ora in poi SD e LD), nell’estate 2006. Poeti molto distanti per scrittura, età e provenienza, l’una romana (1981), l’altro genovese di nascita (1959) e bolognese di adozione, accomunati dall’insofferenza rispetto al modo con cui si portava solitamente in scena la voce. Modalità citazionale e riattamento - riscrittura - della stessa tradizione poetica in LD e scomposizione della sintassi, tensione visiva in SD, in altre parole il continuo e il discontinuo che incrociano le proprie linee formali aprendo uno spazio neutro, una regione limite del linguaggio in cui poetiche tanto distanti quanto radicali possono ricombinandosi, tornare al proprio “grado zero” e da qui ricostruire il registro - la texture - multiforme ordito da mettere in voce.

Ogni pagina è per noi una trama entro le cui maglie operare con la voce, questa viene “tessuta” mantenendo però intatte le proprie caratteristiche formali; ogni testo è un testo a sé e in quanto tale traccia le linee guida per una sua [ri]stesura in forma orale, se non se ne vuol fare un semplice pre-testo, occorre circoscrivere, ogni qual volta, le azioni vocali da produrvi. Una pratica, la nostra, che sottrae - distinguendo - il lettore dal dicitore, colui che interviene sulle unità di senso da colui che interviene sulle unità di suono e quindi unicamente su una materia tanto duttile da performarsi nell’atto vocale. Il lavoro di DUALE muove in prima istanza dalla “grana” sonora insita nei testi e a tal proposito si effettua una cernita dei materiali in modo da individuare quelli che più si prestano all’operazione esecutiva.
La “voce” di DUALE è condizione “in suono” – e dunque “in ritmo” - del testo, in questo vi risiedono logicamente anche dei significati (avendo a che fare con una materia significante come il linguaggio) ma tale aspetto resta per noi assolutamente secondario. Quel che ci interessa è la “crosta” dura e duttile della parola, il suo “rumore”, la voce vi si adatta come una superficie plastica e al contempo magnetica attirando la sonorità di questa e del suo insieme più ampio che è il testo. Purtroppo la voce - come esperienza autonoma - non ha trovato finora un luogo a sé destinato, abita le scene più varie prendendone parte come uno dei tanti elementi in gioco; legata alla significazione in contesti recitativi, a funzione estetizzante nel canto e da qui discorrendo, manca di una storia propria, di una disciplina specifica che la codifichi e qualifichi, risulta insoddisfacente come pratica e carente sotto il profilo critico - aspetto peraltro riscontrato nel nostro lavoro dall’assenza di un orizzonte cui riferirsi. A questo proposito, fatta eccezione per alcune esperienze della poesia sonora, il momento che crediamo di avvio di una pratica, poi caduta in disuso, è il Futurismo, la meccanica di dizione del testo di matrice marinettiana, con uso esclusivo dello strumento vocale cui seguì appunto un lungo periodo di “silenzio”.
Quel che ci interessa è riconfigurare la voce, recuperarla come pratica all’interno di un contesto molto ampio qual è la poesia nell’attuale sollecitazione multimediale che induce alla progressiva fusione di elementi in cui si azzerano le differenze delle singole pratiche. Ad un’operatività totale e dunque additiva, noi opponiamo la singolarità di un atto, una voce sottratta, svincolata, il suo ripristino come solista senza per questo ridurla a semplice atto di fonazione. Emissione vocale, dunque, ma non solo, perché DUALE interviene primariamente su quanto precede quest’atto, si situa in posizione mediana tra “testura” e “dicitura”, tesse il testo per poi “metterlo in voce”.
Individuare le molteplicità - così come poteva intenderle Deleuze - e sperimentarle all’interno di una singolarità, di una specificità che è necessaria sottrazione - in questo caso - della voce a contesti variamente scenici, portando in scena la sua natura in un movimento di ritorno all’unum che indusse, nel primo periodo di collaborazione, a domandarci come potesse concertare un solista, ricombinandosi dall’interno, utilizzando dunque il medesimo strumento. La voce, strettamente avvinta alla sua unicità, resta elemento singolare, indi per noi, sovradimensionabile; la [ri]partizione biunivoca dette luogo alla dualità, atto di sostituibilità - in potenza - dell’uno nell’altro. Una delle due voci, in sede esecutiva, risulta sempre sovraimpressa ma questo è percepibile solo mediante la posizione di ascolto, le due voci generano una asimmetria spaziale e in quanto sue componenti graduali ne forniscono delle configurazioni. La voce è una materia che genera spazio - è un environment - per affinità con una certa natura installativa del suono e questo è il solo l’aspetto scenico da evidenziare perché quanto prodotto dall’ensemble è un lavoro per l’orecchio, un’operazione tesa al “recupero di una consapevole modalità di ascolto”. Rispetto alla comune lettura, DUALE produce un allestimento vocale della pagina andando a recuperare lo spessore degli elementi sonori e incarnandoli nella voce, da questa plasticamente assunti.
Ogni pagina scritta è una discontinuità introdotta nel continuo, una regione complessa in cui pieno e vuoto, volume e calco, si scindono pur restando strettamente avvinti, ogni testo produce l’alterazione di uno spazio e portarlo in voce significa produrne parimenti un’alterazione; la sospensione di fonazione, il respiro, il flatus privo di fonia o piuttosto l’articolazione afona sono solo alcune di queste, la voce è dunque una struttura pluriarticolabile, un sistema di codifica della pagina scritta che altrimenti non avrebbe luogo. Mettere “in scena la voce” significa per noi situarla in un contesto spaziale e quindi circoscrivere la scena alla sua “messa in forma” mediante un’emissione fonica variamente articolata.

La collaborazione di SD e LD principia con l’esecuzione a due voci di un dialogo – riscrittura, ad opera dello stesso Durante - del Contrasto di Cielo D’Alcamo, testo che presentava una riduzione dialogica e che già di per sé si prestava a questo tipo di esecuzione. Seguì il tentativo, non facile, di mettere in voce i testi di Corrente (volume di Davidovics edito per Zona nel 2005), una scrittura data per segmenti in cui le cellule verbali costituivano la trama di una sintassi spaziale e ciò richiedeva un differente approccio di lettura; si mise allora a punto una modalità di messa in voce mutuata, per appropriazione indebita (?), dal sistema di notazione musicale, una riduzione ad uso di alcune sue tecniche. Velocità, espansione, concentrazione del flusso diatonico passavano dal contrappunto alla variazione polifonica mediante una [s]partitura per voci in cui la matrice testuale - quella origine [in]scritta che peraltro determina le stesse strategie di lettura - si ripartiva mediante operazioni intraverbali ed intertestuali, su due piani vocali. Tecniche della disciplina musicale ivi introdotte e ridotte a “formule” dunque, a espedienti, da applicare alla voce.
La linea di continuità che condusse a questi adattamenti traccia uno degli aspetti chiave dell’ensemble secondo cui voce e strumento possono interscambiarsi, entrambi condividono la medesima “capacità” di distribuire il suono; voci, l’una vocale, l’altra strumentale producono parimenti configurazioni ritmiche. Secondo quest’idea DUALE ha ospitato fin dalle sue prime esecuzioni, interventi rumoristico-sonori intercalati al complesso secondo un criterio di giustapposizione e non di sovrapposizione: non vi è mai funzione di accompagnamento da parte dell’altro registro quanto piuttosto un intercorrere, uno vero e proprio scambio di voce.
Nel 2006 viene realizzata - in collaborazione con il musicista Emiliano Maiorani - l’audio installazione Varianti (lavoro presentato per Romapoesia alla Fondazione Baruchello), esecuzione a brani, su testi di Corrente, in cui voce vocale e voce strumentale s’interpongono dando vita parimenti a isole ritmico-sonore. Ogni “messa in copione” è operazione di ri-montaggio - un devolversi - della pagina ai fini della costituzione di un’architettura sonora a sua volta e ogni qual volta riprodotta dalla voce secondo un atto anamorfico e [de]costruttivo che resta peraltro morfologicamente aperto. L’utilizzo del “prontuario notazionale” – in sede di messa in copione - ha permesso di intervenire progressivamente su un numero sempre crescente di testi (di SD e LD) fino alla costituzione di Resi, primo spettacolo per voce, andato in scena (la prima volta) a Roma nel 2006; un’esecuzione a brani su testi pressoché intonsi intercalati da isole sonore - “stanze” di rumore elettronico realizzate da Maiorani - e da videoproiezioni mobili di Silvia Tarquini.
La codifica del sistema a due voci e del meccanismo di produzione di conglomerati ritmici ha suggerito un ulteriore trattamento dei testi, una loro disarticolazione all’origine e dunque nell’atto della loro “messa in copione”.
Nel secondo spettacolo - Bonzai -, evoluzione per altro non diacronica di Resi, andato in scena per la prima volta nel 2008 (Roma, Biblioteca Vallicelliana) e il cui titolo, una “parola-valigia”, già presuppone una forma meticcia tra il “bonzo”, il “bonsai” e “banzai” vi è un montaggio di brevi sequenze interposte a diciannove segnature sonore eseguite su strumento dal vivo, veri e propri frammenti rumoristici sulla falsa riga degli intonarumori di Russolo. La novità, rispetto al precedente Resi sta nel fatto che il complesso in esecuzione è la risultante di un ordito de-costrutto che vede i testi non solo smembrati ma commisti a riscritture: saprofitismo letterario di matrice tutta durantiana che per fuggire alla ripetizione ricorre alla maniera assumendola come cifra stilistica. In Bonzai si effettua una vera e propria trasmutazione di un testo nell’altro, la seconda parte del copione è infatti priva di autore quale risultante di operazioni di riadattamento di parti originali (su testi di Davidovics, Durante e Scaramuccia). Ulteriore elemento introdotto fu quello di un’esecuzione gestita mediante progressivi intervalli respiratori, applicando tecniche di respirazione yoga (Pranayama) all’emissione vocale.
Per via di queste ri-stesure si dà vita a un meccanismo di produzione all’interno del quale le identità autoriali perdono sembianza, i registri delle singole scritture intercorrendo si disperdono, si sostituiscono nell’atto della poiein.

La voce prodotta dai due distinti apparati e talvolta simultaneamente emessa non trova un singolo canale in cui convogliare ma resta sfalsata nell’atto di interposizione delle due matrici che interagendo come piani distinti danno luogo ad una pavimentazione sonora quale insieme prodotto e ulteriormente riproducibile la cui natura ambivalente risiede nel rapporto sotteso tra singolo e duplice. Ne consegue che la percezione uditiva di questo insieme è costretta a privilegiare solo una delle due matrici alla volta; la “voce” di DUALE è un meccanismo di tensione tra parti differenti peraltro fruibili singolarmente seppur non in maniera esclusiva. DUALE impegna dunque l’ascolto a transitare dall’una all’altra matrice (vocale), fungere da segmento o ulteriore intervallo di questo tessuto connettivo, al contempo insieme instabile di elementi tra loro in perenne riconfigurazione.
Disgregazione, dunque, e ricomposizione nel trattamento dei testi e parimenti in sede esecutiva dove l’interpunzione delle due timbriche ingenera una texture sonora, una compositio permanente che procede per sostituzione di catene ogni qual volta differentemente alterate in cui si interdefiniscono i registri e in cui vige non solo il principio di una disarticolazione all’origine ma la multiproprietà del testo costantemente sottratto alle singole appartenenze. Una “destruttura-per-dicitura” o scrittura per voce frutto di una meccanica [s]compositiva che riarticola continuamente le sintassi in gioco; una proliferazione mediante cui assistiamo al farsi-feticcio delle entità testuali quanto vocali esposte a questa multiproprietà. Una dimensione pluriautoriale, quella praticata dall’esemble, del testo e della voce che in sede esecutiva non dà più vita a configurazioni semantiche quanto - mediante nuclei ritmici - a una pura sostanza sonora all’interno della quale “il senso resta aspetto di pura citazione” (T. Ottonieri).
Le due voci anche quando dislocate a tal punto da fornire due diversi contesti spaziali (vedi esecuzione, L’unico haiku degli autisti del Ladakh da Bonzai) creano uno spessore, uno strato sonoro che[s]grana le distinte materie vocali, il singolo ductus (tocco) scompare sotto il segno di questa pratica.
Il progetto DUALE come messa in scena della sola voce è un apparato che si sostituisce progressivamente alle singole poetiche, un meccanismo che fagocita le entità stesse - identità peraltro fittizie - che lo costituiscono; una macchina compositiva all’interno della quale si [d]epura il soggetto vocale quanto autoriale.
DUALE, prima ancora che un ensemble, è un laboratorio permanente che produce ogni qual volta una mise en abyme del testo, esibizione del suo essere artefatto e, in quanto tale, artificio - impalcatura finzionale - che in fin dei conti è condizione stessa di ogni scrittura e di ogni sua messa in voce.



Scritto da Sara Davidovics, sottoscritto da Lorenzo Durante, per DUALE.








Nata dalla specifica struttura di Corrente, la modalità d’esecuzione polifonica in voce sola equivale a quel complesso di sequenze e segmenti verbali tradotti poi in forma acustica. E’ sensibile il passaggio dal Testo-scritto al Testo-spartito dove l’articolazione del flusso sonoro attraverso il flatus non solo è forma necessaria alla scrittura (come azione oltre la pagina) ma unità di senso e suono. Un sistema tripolare, testo/suono/notazione, permette di legare il sintagma in una serie di rese combinate pur mantenendone l’autonomia e la riconoscibilità. Gli effetti di dilatazione e svolgimento portano a ridiscutere quel suo originario rapporto carattere-pagina attraverso la forma proiettiva e tridimensionale che viene assumendo nello spazio sonoro. Agendo nella regione congiunta di metamorfosi e fissità, che è caratteristica propria dei testi di Corrente, si può istituire, ogni qual volta lo si ritenga necessario, un ordine e una modalità diversa di lettura. Partendo dal valore tonale delle emissioni, alla regolazione dei pieni e dei vuoti, dalle zone d’intonazione ascendente e discendente fino alle interpunzioni della partitura vocale sovrapposta, quale lettura contrappuntistica e simultanea prodotta dall’intervento delle due voci. E ancora, agendo sull’ordine delle strutture (siano queste circoscritte al solo lessema o molto più ampie fino a superare la misura del testo in pagina), è possibile montare sequenze di più testi e modificandone l’ordine nella dicitura. L’intento di mutuare una serie di sistemi di notazione dalla teoria musicale ha permesso di scoprire una serie di rapporti sottesi quanto, ancora, la possibilità di introdurre i modi della cosiddetta “variazione” su porzioni di testo più o meno rigide. Articolando i segmenti verbali per allungamento e restringimento è stato possibile operare anche con scale di improvvisazione intervenendo per frammentazione tonale sulle unità sintagmatiche. La dilatazione di questi segmenti, e per converso l’agglutinazione, ha significato costruire delle “nuove strutture” e quindi non solo riscrivere ma creare una ri-stesura del testo in forma puramente orale. La conversione dinamica di questi elementi è sembrata qualcosa come un ritorno all’oralità, un regredire sul peso linguistico della parola fino a stratificarne altre unità di senso. Crediamo che questo attuale gran parlare di oralità indichi in fondo una mancanza tanto storica quanto critica sulla funzione che debba assumere in tutto questo la parola. Pensiamo sia, quanto mai, opportuno ristabilire allora un’attenzione nei confronti della parola detta, dunque della funzione fono-vocale che la comporta. Stabilire un’autonomia della forma verbale condotta in voce sola significa per noi formulare un valore semantico attraverso il “rumore delle parole”. Le formule, per altro non fisse, che utilizziamo, dal dialogo al commento e alla ribattuta quanto dall’eco-ripetizione all’anticipazione, o al ritardo, della seconda sulla prima voce, sono tutte operazioni intraverbiali; ciò implica sicuramente una componente di “discontinuità” ma formulata su un piano di tipo sottrattivo. Questo produce non solo tensioni interne ed esterne al sintagma quanto una serie di passaggi, vere e proprie trasmigrazioni, di porzioni su altre porzioni testuali. E ancora il flusso diatonico, la mimesi dell’onomatopea su frammenti sillabici e quante altre operazioni del gioco intertestuale, “dissolvono” progressivamente il complesso in esecuzione; fornendo via, via dei nessi attraverso aperture e scarti e portando, in definitiva, a configurazioni ritmiche per isole ipertestuali. Le asimmetrie e le gradazioni del rinvio del suono a un altro suono costituiscono per noi la grammatica spaziale della parola che provocata dunque da un'altra parola, permette la trasformazione del suo insieme e lo riattiva mediante il movimento riflesso della sua azione fonica. Le evidenze di questa stesura vocale sovrapposta si fondano quindi sull’approfondimento dei dati quantitativi e su un meccanismo che apparentemente brutalizza le unità ma in realtà le amplifica rispetto al tracciato originale. Il ripensamento per brani continui dei pezzi permette di trascrivere, in forma diafonica, la genesi del testo. Il linguaggio ritmico è un nodo fondamentale di questo accordo polifonico già orientato al recupero di una consapevole modalità di ascolto. L’emergere di un sistema trans-composto è quindi tutto a favore di un evoluzione interna al linguaggio attraverso i suoi diversi “stadi di dissoluzione”. La lettura polifonica diventa allora operazione di aggiunta, per sovrapposizione, ma soprattutto di analisi che non riplasma soltanto la specifica misura del sintagma ma ne conferisce una serie di estensioni su porzioni molto più estese. Attraverso la discontinuità, che muove dall’ordine degli intervalli sino alle dilatazioni delle geometrie verbali, si crea un discorso “altro” fatto di piani molteplici, di trasparenze e interferenze, seppur nell’atto ancora autonomo, e per noi fondamentale, dell’esecuzione in voce sola.

DUALE, Per una messa in scena polifonica.
Intervento apparso su Le Reti di Dedalus (2006).

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