"Ridare dignità al respiro, misurarsi con la voce. Riscoprire il corpo come medium, come strumento. Il suono ancor prima del senso, il rumore della lingua. La materia sonora della parola che va oltre la pagina creando unità di senso e di suono. Un significato intrinseco, interno, viscerale". (Fabio Orecchini, [A]live Poetry - III Duale from alive poetry on Vimeo.)

11 marzo 2009

"Quella di DUALE è molto più una dimensione di concerto che non quella di una dizione intellegibile. DUALE non lavora sul senso ma sulla sensorialità. Il senso diventa una mera citazione, una componente allusiva e la parola diventa così esperienza musicale piena".
Tommaso Ottonieri, Note a BONZAI. (Roma, Biblioteca Vallicelliana, 2008).


Ridare dignità al respiro, misurarsi con la voce. Riscoprire il corpo come medium, come strumento. Il suono ancor prima del senso, il rumore della lingua. La materia sonora della parola che va oltre la pagina creando unità di senso e di suono. Un significato intrinseco, interno, viscerale. Sono questi i motivi principali di questa unione performativa, i punti di partenza del lavoro dell’ensemble Duale, composto da Sara Davidovics e Lorenzo Durante, che presentiamo in questo nostro terzo incontro di [A]live Poetry – poesia dal vivo. L’occasione ci è data dalle prove del loro ultimo lavoro, Bonzai (in scena il 4 Marzo), preparato per la Biblioteca Vallicelliana di Roma, opera architettonica barocca realizzata dal Borromini nel XVII sec., struttura imponente che oggi contiene 130.000 opere fra manoscritti ed antiche incisioni; anzi, per dirla con Durante, sembra proprio che sia stata la stessa biblioteca, come luogo pensante, ad immaginare lo spettacolo Bonzai. Un lavoro di forte ispirazione ed aspirazione futurista (ricordiamo che era stato inizialmente realizzato proprio per la celebrazione del centenario della nascita del Futurismo del 2008) ma che celebra in realtà il barocco, inteso nella sua dimensione di prima vera grande avanguardia. Un lavoro di grande impatto sonoro e allo stesso tempo un laboratorio permanente di scritture, un artificio denso di grande ironia e cultura, da quella più “alta” del passato come la poesia carducciana alla cultura pop più moderna come può essere Splendido Splendente di un’icona come Donatella Rettore, un’opera multitestuale e multimediale che prevede una osmosi continua di forme e contenuti molto diversi tra di loro. Si parte dai testi, testi propri (ma anche di Federico Scaramuccia che collabora con loro) e da testi altrui, che vengono poi smembrati, violati e rimodellati volta per volta dai componenti l’ensemble fino a decretarne la perdita del significato originale ed originario; una riscrittura di riscritture continua che rende del tutto superflua la proprietà intellettuale ed artistica del testo , acquisendo una forma propria e mutevole nella pratica stessa del lavoro, che via via riduce il senso al suono, al rumore puro e crudo della lingua. Il tutto interconnesso con le segnature sonore della chitarra di Emiliano Maiorani che spezza questo (de)fluire (dis)articolato di versi e sestine definendone i contorni altrimenti impalpabili; gesto che assume anche un forte valore simbolico, poiché i suoni prodotti dallo strumento-media musicale, in questo caso la corda di una chitarra e la cassa armonica che ne amplifica le vibrazioni, vanno a porsi esattamente sullo stesso piano del media corporeo, le corde vocali, la bocca, il diaframma.
Fabio Orecchini per [A]live Poetry on vimeo.


Non un «mixed-medium», ma un «intermedium» (Higgins). «Sistema di sistemi» (Calvino) - verbale, visivo e sonoro -integrati «in un unicum che non consente letture differenziate, pur salvaguardando l’autonomia e la singolarità dei segni». Non una multimedialità intersconnessa dunque, ma una «sincronica vibrazione degli elementi», con «continua riformulazione» (Fontana) delle sintassi in gioco. “Opera plurale” insomma, ossia prog[g]etto intermediale, oltre che pluriautoriale e polifonico. Dopo l’audio-installazione Varianti (2006) e il “recital per voci sole” Resi (2007), è il turno dello “spettacolo vocale” e [p]articolato Bonzai (2008). Non a caso siglato con parola-valigia e maccheronea giapponese, giacché, appunto, [co-n]fusione di media, autori e voci differenti. Il risultato è un fu[tu]rismo [intra]verbale che dissecca la parola, fino a spezzarla in brani di rumore incisivi. Modulazioni della voce accordate in una progressione di “segnature sonore”.
In DiViDì, di Federico Scaramuccia. Note a BONZAI, Atelier Metateatro, Roma, 2008).


Una [s]partitura per voci (di Davidovics e Durante) in dissonante unisonanza, l’«esecuzione [o messa in canto] polifonica in voce sola» di Varianti, «ri-stesura [/testura] in forma puramente orale» (fatta a brani) di Corrente, anamorfico, [de]costruttivo ri-montaggio vocale della pagina (già programmaticamente predisposta ad essere ri-modellata in sequenze potenzialmente infinite) - o «de-struttura per dicitura» - incessantemente concussa in variazione e fuga (ripetizione e combinazione), «orientato al recupero di una consapevole modalità di ascolto» (Davidovics). Voci che (dal silenzio) incedono in controtempo (in anticipo o in ritardo, talvolta ri-battute ad eco) o in contrappunto, articolandosi in segmenti verbali che i nastri di rumorismo incisi da Maiorani isolano, modulazioni del disturbo, complementi musicali dell’intraverbalità, del «rumore delle parole» (Davidovics). Il tutto all’intermittente insegna dell’impersonalità, della multiproprietà del testo ([ri]co-mposto, per appropriazioni indebite o re[ady]-made), di una sonora [con]fusione. (ResiDuale, FS) BONZAI è il secondo spettacolo vocale messo in scena da DUALE, dopo RESI, andato in scena per la prima volta il 3 Novembre 2006. BONZAI, concepito esplicitamente per sfruttare lo spazio scenico e acustico della Biblioteca Vallicelliana, è la naturale evoluzione di RESI. Laddove RESI era il primo lavoro del duo, tutto giocato sulla messa in scena dialogica di testi sostanzialmente intonsi (quantunque talvolta elaborati polifonicamente), BONZAI assume alcune modalità di letture tipicamente futuriste, puntando alla disgregazione dei testi originali in cellule vocali minime. Rimane in comune nei due lavori il rapporto con la "colonna sonora": mai voce ed audio si "accompagnano" ma piuttosto "dialogano" alternandosi in scena. Parimenti al lavoro sui testi letterari, analoga frammentazione è stata operata su quelle che sono divenute, da "isole", scarne "segnature sonore" ispirate agli intonarumori futuristi di Russolo. In DiViDì Non un «mixed-medium», ma un «intermedium» (Higgins). «Sistema di sistemi» (Calvino) - verbale, visivo e sonoro - integrati «in un unicum che non consente letture differenziate, pur salvaguardando l’autonomia e la singolarità dei segni». Non una multimedialità intersconnessa dunque, ma una «sincronica vibrazione degli elementi», con «continua riformulazione» (Fontana) delle sintassi in gioco. “Opera plurale” insomma, ossia prog[g]etto intermediale, oltre che pluriautoriale e polifonico. Dopo l’audio-installazione Varianti (2006) e il “recital per voci sole” Resi (2007), è il turno dello “spettacolo vocale” e [p]articolato Bonzai (2008). Non a caso siglato con parola-valigia e maccheronea giapponese, giacché, appunto, [co-n]fusione di media, autori e voci differenti. Il risultato è un fu[tu]rismo [intra]verbale che dissecca la parola, fino a spezzarla in brani di rumore incisivi. Modulazioni della voce accordate in una progressione di “segnature sonore”.
(Residuale, Federico Scaramuccia, in "Progettare l'opera plurale" FB, Roma, 2006).

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